La rabbia è un’emozione e ha una funzione: ci avverte che qualcosa non va, che i nostri diritti sono violati o i nostri bisogni disattesi e ci aiuta a cambiare la situazione. Infatti ci arrabbiamo quado siamo frustrati, trattati male o costretti a fare qualcosa che non vogliamo.
Come tutte le emozioni, la rabbia non è né positiva né negativa, semplicemente c’è. Spesso tendiamo a pensare che sia un’emozione negativa che non va espressa, o addirittura che sia un’emozione pericolosa. Magari non abbiamo ricevuto da bambino il permesso di esprimerla oppure non ci hanno insegnato ad ascoltarla ed esprimerla in modo adeguato.
Invece la rabbia c’è, bisogna ascoltarla ed esprimerla, il che è diverso di agire la rabbia! Diamo il permesso a nostro figlio di essere arrabbiato con noi, con il fratellino o con chiunque altro ma non di fare del male a qualcuno picchiandolo ad esempio.
Perché il cervello del bambino è ancora in via di sviluppo e si svilupperà fino a 25 anni!
Il tronco cerebrale (parte inferiore del cervello) responsabile delle emozioni intense come la paura e la rabbia è già ben sviluppato mentre la parte superiore, la corteccia prefrontale implicata nei comportamenti cognitivi complessi, nella presa delle decisioni e nella moderazione della condotta sociale è ancora in costruzione. Ciò spiega perché i bambini hanno più difficoltà a gestire la propria rabbia e esplodono così facilmente rispetto agli adulti. Infatti una delle funzioni della corteccia prefrontale è quella di regolare i propri stati emotivi e di controllare gli impulsi. Quando il bambino prova rabbia la rabbia lo invade talmente tanto che non riesce più a controllarla e sta a noi adulti a fare in modo che pian piano impari a esprimerla in modo più adatto.
È difficile perché d’impulso ci viene la reazione contraria. Quando nostro figlio/ nostra figlia si arrabbia attiva in noi genitori le parte inferiori del cervello, ci sentiamo minacciati, e d’istinto ci viene da urlare e agitarsi usando a nostra volta le parti inferiori del cervello.
Se urliamo al bambino lui ha paura, il suo corpo entra in allarme e produce cortisolo, l'ormone dello stress. Urlare, minacciare, punire, allontanare, non fa altro che stimolare sempre di più la parte inferiore del cervello del bambino. Il che li impedisce di attivare la parte superiore utile per ragionare, imparare dall’esperienza e riflettere.
Dobbiamo quindi ricordarci che siamo noi, adulti, quelli con il cervello sviluppato. Tocca noi rimanere calmi andando ad attivare la nostra corteccia prefrontale. Calmarsi, dimostrare rispetto, ascolto e comunicare con il proprio bambino permette anche a lui di passare dalla reattività alla ricettività. La tempesta emozionale che lo invade si può allora placcare e il bambino può iniziare a riflettere su ciò che accade dentro di lui.
Finché non è calmo la parte inferiore del cervello sono in piena attività ed è quindi inutile chiedergli di ragionare e di ascoltarci.
Aiutiamo il bimbo a contenere la rabbia, standoli acconto e rimanendo calmi. Il cervello del bambino non è ancora del tutto sviluppato e non è in grado di contenere la sua rabbia. Non lasciamo che si faccia male o faccia male all'altro e stringiamolo fra le braccia. Un abbraccio produce l'ossitocina, ormone della felicità che riduce lo stress e aiuta a calmarsi.
Diamo il permesso al bambino di esprimere la sua rabbia, il che è diverso di agire la rabbia. Il bambino ha diritto ad essere arrabbiato qualunque sia il motivo. Sta provando questa emozione in questo momento e va accolta. Ma non ha diritto ovviamente a fare del male all’altro o a sé stesso. Possiamo insegnarli altri modi per esprimere la propria rabbia ad esempio disegnarla, fare il leone, picchiare un cuscino,…
Nominare l'emozione : spesso è sufficiente dare un nome all’emozione per farla diminuire (funziona anche con gli adulti). Ad esempio “Tesoro, vedo che sei molto arrabbiato, volevi proprio la pasta al pesto stasera invece la mamma ti ha preparato il pollo” detto con tono affettuoso e mostrando empatia per quello che prova. Così il bambino si sente capito ed è più probabile che si calmi. Se non siete sicuri dell’emozione che sta provando non vi preoccupate, provate o chiedeteglielo e nel caso vi correggerà lui.
con il vostro bambino ovvero mostrateli attenzione e rispetto, ascoltatelo dando importanza al suo parere, al suo vissuto e al suo punto di vista. A volte ciò che è importantissimo per nostro figlio sembra una futilità per noi e viceversa. Ad esempio un bimbo può non capire perché sia così importante per noi mantenere la casa in ordine mentre noi non capiremo perché fa un dramma per un panino che abbiamo tagliato in 2 invece di lasciarlo intero. Ascoltiamoli e cerchiamo di capire il loro punto di vista
Se gli chiediamo “perché sei arrabbiato” spesso non saprà rispondere perché neppure lui lo sa. In questi casi cerchiamo di indovinare, facciamo delle ipotesi sulla causa di questa crisi e testiamole:
• Scarica le tensioni? Accogliamo i pianti, gli urli e conteniamo i suoi movimenti che potrebbero ferire.
• E' una reazione a un nostro comportamento, al comportamento del fratello? Parliamone “sei arrabbiato perché la mamma non ti lascia giocare con l'aspirapolvere vero?", “tua sorella ha spostato gli animali e te li avevi messi in questa posizione per il gioco, è questo?”
• E' un modo per richiamarci? Cerchiamo di capire quale è il suo bisogno. Se è possibile soddisfiamolo e se non è possibile riconosciamolo/nominiamolo (a volte basta quello per farlo sentire meglio).
Ad esempio:
• Ha fame, sonno, bisogno di muoversi? Diamogli da mangiare, facciamolo dormire, muovere. O se non è possibile: “vedo che hai molto voglia di uscire, purtroppo piove ma usciremo domani vieni a cosa preferisci giocare agli animali o con i mattoncini?”.
• E' in cerca di stimoli? proponiamogli un’attività, diamoli un compito, indirizziamo il suo comportamento verso un attività/gioco più appropriata/o. Per esempio “Mettimi questi scarti di cibo nella busta della spazzatura per favore”, oppure al negozio “puoi mettere tutto ciò che ti do nel carello”.
Quando si è calmato possiamo cercare di capire cosa è successo e trovare insieme alternative più adatte per prevenire future situazioni simili. Invece di punirlo o farlo riflettere da solo possiamo fargli fare l’esperienza di come ci si comporta in modo adeguato cosi da creare nuove connessioni neuronali.
Ad esempio: ti sei arrabbiato perché tua sorella ha rotto tutto il puzzle che stavi facendo, capisco che è molto frustrante per te ma non si può assolutamente picchiare! Come possiamo fare in modo che la prossima volta che succede una cosa simile non la picchi?
E insieme al proprio figlio cerchiamo delle alternative lasciando che anche lui faccia le sue proposte. Ad esempio, potresti chiamare la mamma se ti senti troppo arrabbiato e senti che stai per picchiarla? oppure potresti fare il puzzle in camera tua e chiudere la porta cosi tua sorella non può venire a distruggerlo?
In conclusione, quando il bambino esplode manteniamo i limiti e le regole prefissate ma dimostriamogli empatia, ascolto e disponibilità perché come lo dicono Siegel e Bryson “E’ quando il bambino si comporta male spesso che ha il più bisogno di noi”.
Bibliografia: Siegel, D., Bryson, T.P., La sfida della disciplina, Raffaello Cortina Editore, 2015.